Centro iscritto al Registro Nazionale PMA con codice identificativo 080002
Contattaci +39 051 307307
A seguito del ricorso di una coppia italiana portatrice di Fibrosi Cistica che chiedeva la possibilità di eseguire la Diagnosi Preimpianto per prevenire la nascita di un figlio affetto da questa gravissima patologia, la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha deliberato che il sistema legislativo italiano in materia di Diagnosi Preimpianto degli embrioni è incoerente in quanto allo stesso tempo un’altra legge dello Stato permette alla coppia di accedere a un aborto terapeutico qualora il feto risultasse affetto da fibrosi cistica.

Tale incoerenza determina una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della coppia, alla quale è stato riconosciuto un indennizzo da parte dello Stato Italiano.
“Ormai da anni diversi tribunali nazionali e internazionali rilevano gravi difetti strutturali nella Legge 40, a dimostrazione del fatto che è necessaria una radicale revisione di questa normativa.” dichiara il Dr. Luca Gianaroli, Direttore Scientifico della Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione (S.I.S.Me.R.) “Ritengo che questo pronunciamento sia estremamente significativo vista l’importanza della Corte che lo ha emesso, e mi auguro che chi di dovere si adoperi per eliminare le parti della Legge 40 che, di fatto, discriminano determinate categorie di cittadini, impedendo loro l’accesso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita in base alla patologia da cui sono affetti.”.

“Attualmente, siccome la Legge 40 permette l’accesso ai cicli di concepimento assistito solo alle coppie infertili, la Diagnosi Preimpianto non può essere applicata in senso stretto a quelle coppie che, pur avendo già avuto figli affetti o pur avendo già fatto ricorso all’aborto terapeutico, non sono dichiarate sterili. Il controsenso sta nel fatto che proprio queste sono le coppie che maggiormente necessitano della Diagnosi Preimpianto, una tecnica consolidata che è ormai applicata routinariamente nella maggior parte dei Paesi Europei e che permette di ridurre il ricorso all’aborto terapeutico.” afferma il Dr. Gianaroli.

“Spesso non si tiene adeguatamente conto del fatto che un figlio affetto da una grave patologia genetica comporta esperienze estremamente dolorose, che possono avere gravi ripercussioni sull’equilibrio psicologico dei familiari.”

“Auspichiamo” conclude il Dr. Gianaroli “che questo ennesimo verdetto possa riallineare la legge italiana alle normative in vigore nella maggior parte dei Paesi Europei nell’interesse dei pazienti che necessitano di questo tipo di trattamenti.”

Cliccare qui per leggere la sentenza completa