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L’8 Novembre 2011 in Mississippi si è svolto un importante referendum riguardante una proposta di emendamento alla Costituzione di Stato per riconoscere lo status d’individuo a partire dal “momento della fecondazione”.

Come si può facilmente comprendere, tale modifica avrebbe avuto importanti conseguenze per quanto riguarda l’accesso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita, oltre a limitare fortemente la possibilità di ricorso all’aborto.

Come già avvenuto per ben due volte in Colorado, dove era stata presentata una mozione analoga, anche in Mississippi il 58% dei votanti si è espresso contro tale proposta, segnando l’ennesima sconfitta degli emendamenti sulla personalità giuridica.

L’emendamento era stato appoggiato da associazioni religiose, anti-aborto e da personalità politiche conservatrici come il Governatore Haley Barbour, che tuttavia si era dichiarato dubbioso a causa dell’ambiguità dell’emendamento stesso e delle possibili conseguenze che avrebbe comportato.

D’altro canto, numerose società mediche e scientifiche, unitamente ad associazioni di pazienti e ad alcune personalità religiose meno conservatrici, si sono fortemente opposte ad esso. In particolare, l’associazione di pazienti RESOLVE (The National Infertility Association) si è battuta contro la proposta che “limita l’accesso ai trattamenti medici contro l’infertilità, riducendone inoltre la sicurezza”.

I membri del Mississippi della ASRM (American Society for Reproductive Medicine), guidati dal Dott. Randall Hines, hanno lottato con impegno per proteggere la possibilità di eseguire trattamenti PMA sulle loro pazienti.

La loro battaglia è stata appoggiata dall’American Society for Reproductive Medicine, una rinomata organizzazione scientifica comprendente più di 8.000 medici, ricercatori, infermieri, biologi e altri professionisti che si dedicano allo studio e allo sviluppo della biologia riproduttiva.

Dolores J. Lamb, Presidentessa dell’ASRM, ha dichiarato: “Siamo lieti che gli abitanti del Mississippi non abbiano accettato questo pericoloso provvedimento, che avrebbe compromesso la tutela della salute riproduttiva. I nostri membri sono felici di poter continuare a garantire ai cittadini del Mississippi pieno accesso all’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno in ambito riproduttivo.”

La Dott.ssa Anna Pia Ferraretti, Direttore Scientifico di S.I.S.Me.R., commenta così l’esito di questo importante referendum:

“Bravi i cittadini del Mississippi, e bravi i membri dell’ASRM e del RESOLVE!!

Il problema dello “status” dell’embrione si discute da numerosissimi anni ed è fonte di accesa discussione a livello strettamente etico/morale, in quanto ogni ideologia religiosa pone l’inizio della vita in un momento diverso del Processo Riproduttivo. E le diversità tra i dogmi religiosi, per loro definizione, non possono trovare un consenso!

Ma le leggi dei Paesi democratici, che si definiscono anche laici, non dovrebbero essere influenzate dalle ideologie religiose o morali”, continua la Dott.ssa Ferraretti, “bensì tenere in considerazione tutte le diversità esistenti nel Paese. Quando poi si parla di Salute dei cittadini, i legislatori sono tenuti ad “ascoltare” le Società Scientifiche, le Associazioni dei Pazienti e tenere conto dell’evoluzione tecnico-scientifica della Medicina basata sull’evidenza, per il bene dei cittadini. Quasi tutti i Paesi democratici che nel mondo hanno legiferato sulla Riproduzione Assistita hanno valutato questi aspetti e non hanno ceduto alle pressioni di gruppi ideologici.

Quando, come in Mississippi recentemente (ma prima anche in Colorado e, molto prima, in altri Paesi come l’Argentina), le istituzioni politiche hanno tentato di imporre una visione “morale” unilaterale, i cittadini hanno saputo chiaramente esprimere la propria volontà: non essere condizionati da normative ideologiche nelle loro scelte personali sulla salute riproduttiva.”

“In Italia, come è risaputo, la problematica è stata affrontata in maniera completamente diversa”, spiega il Direttore Scientifico di S.I.S.Me.R.

“Nel 2004 è stata emanata una legge (la Legge 40) sulla Procreazione Medicalmente Assistita che, contro altre normative giuridiche e costituzionali vigenti nel Paese, riconosceva lo stato di “soggetto” a partire dal momento della fecondazione. Fu una legge emanata dal Governo, senza tenere in considerazione nessuna delle “figure” di cui sopra: pazienti, esperti nazionali ed internazionali, linee guida e raccomandazioni delle Società scientifiche e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 2005 i cittadini sono stati chiamati ad un referendum da gruppi laici e da associazioni di pazienti, con l’obiettivo di emendare alcuni articoli della Legge 40. Il referendum non raggiunse il quorum e tutto finì nel nulla, anche il parere degli 11 milioni di persone che andarono a votare ed espressero il loro chiaro parere a favore degli emendamenti.

Solo nel 2009, e solo dopo avere visto le conseguenze negative che per ben 5 anni la Legge 40 aveva prodotto (riduzione dell’efficacia dei trattamenti PMA, aumento dei rischi, migrazione verso Paesi esteri di migliaia di coppie), la Corte Costituzionale ha dichiarato “anticostituzionali” alcuni punti della legge. Tutte queste conseguenze erano state previste e prospettate ai politici prima della sua emanazione, così come prima e dopo il referendum, ma tutto è sempre stato “inascoltato”.”

“Oggi, come in Mississippi, possiamo dire di «poter garantire ai cittadini italiani il pieno accesso alle procedure sanitarie di cui hanno bisogno in ambito riproduttivo», sebbene non completamente, in quanto la donazione di gameti è ancora illegale.

Ma non è stato possibile fare opera di prevenzione e ci siamo arrivati con un percorso molto più lungo e complesso, durante il quale la “voce” dei pazienti e delle Società scientifiche non ha avuto influenza decisionale e durante il quale i cittadini hanno “subito” scelte poi dichiarate anticostituzionali. E la cosa dovrebbe farci riflettere!”, conclude la Dott.ssa Ferraretti.