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“Ancora una volta è un tribunale a sancire il fatto che la Legge 40/2004 discrimini determinate categorie di cittadini, impedendogli, di fatto l’accesso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita”. Con queste parole il Dr. Luca Gianaroli, presidente del C.d.A. della Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione di Bologna e presidente della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE), commenta la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che ha accolto il ricorso di due cittadini italiani affetti da Fibrosi Cistica acui era stata negata la possibilità di accedere alle tecniche di diagnosi pre-impianto e fecondazione assistita per evitare la trasmissione di tale patologia genetica al nascituro.

La Legge 40, infatti, attualmente prevede che solo coppie sterili o con malattie sessualmente trasmissibili possano sottoporsi a questi trattamenti. “Tale limitazione discrimina le coppie portatrici di patologie genetiche, che, di fatto hanno di fronte a sé solo le seguenti alternative: mettere a rischio la vita e la salute dei potenziali nascituri, rinunciare alla possibilità di avere figli per evitare la trasmissione della malattia o eseguire queste tecniche all’estero con tutti i rischi e le problematiche che ciò comporta” .

La Corte di Strasburgo, nel suo pronunciamento, sostiene infatti che la Legge 40 viola il diritto di tali coppie alla vita privata e familiare e al non essere discriminati sulla basedella loro patologia rispetto agli altri cittadini, diritti sanciti dagli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. “In ben 15 Paesi Europei è già possibile per coppie in queste situazioni accedere ai trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita.” osserva ancora il Dr. Gianaroli. “L’ennesima sentenza contro la Legge 40, che stavolta viene da un tribunale dirilevanza internazionale, non può più essere ignorata dalle Istituzioni chiamate a legiferare in materia di Procreazione Medicalmente Assistita”.